martedì 20 ottobre 2009

Il futuro che vuole governare il presente. Il documento dei Giovani Democratici

Il futuro che vuole governare il presente. Il documento dei Giovani Democratici

Siamo giovani, democratici, ad abbiamo scelto di partecipare a questa fase di discussione del Partito democratico. Ciascuno di noi lo ha fatto, fino a questo memento, con l'unico strumento che ci era consentito: il voto; per questo o quel candidato, per questa o quella mozione. Da cittadini del nostro partito. Siamo convinti, però, che serva qualcosa in più. Non in nome di una pretesa superiorità rispetto al dibattito in corso, ma con la consapevolezza di potere offrire una visione del Paese, il nostro punto di vista. Viviamo un'Italia opaca che non sa come rispondere ai grandi cambiamenti che scuotono il mondo e casa nostra. Per noi il Pd ha il compito di organizzare e costruire quella risposta, rielaborando il proprio patrimonio di culture politiche. Primo: la qualità della democrazia. -Crediamo che la ragione principale dei fallimenti della politica negli ultimi 20 anni derivi dalla crisi democratica che colpisce il nostro Paese e che, purtroppo, non è riducibile al fenomeno del berlusconismo, che ne è una delle peggiori interpretazioni. Passata la tormenta di tangentopoli l'Italia ha guadagnato l'alternanza ma la politica sembra rinchiusa in un recinto. Ai partiti del '900 si sono sostituiti simulacri di proprietà dei propri leader, alla centralità del Parlamento si è sostituito un presidenzialismo di fatto che ha trasformato le maggioranze in propaggine silenziosa degli esecutivi, alle classi dirigenti si sono sostituite oligarchie a legittimazione popolare, al consociativismo si è sostituito un bipolarismo incapace di scelte condivise . Era naturale che della politica scadessero qualità e capacità di autonomia. Non pensiamo che si debba tornare indietro, siamo convinti però che questo meccanismo vada combattuto con forza da un partito che è l'alternativa democratica al populismo della semplificazione. Per questo ci battiamo per la piena applicazione dell'articolo 49 della Costituzione chiedendo che vengano erogati i contributi elettorali solo ai partiti che si impegnino a garantire un'autentica vita democratica interna, nella selezione delle proprie candidature e delle proprie classi dirigenti. Non crediamo nel rapporto diretto tra leader e popolo, crediamo nei partiti come strumento di mediazione e di partecipazione democratica, quello che oggi, purtroppo, raramente sono: l'antipolitica nasce anche da lì, perché è la mancanza di soggetti capaci di mediare e decidere che matura la spinta dei governi ad occuparsi solo di politiche che abbiano immediato ritorno elettorale, abbandonando il campo delle grandi sfide strategiche. -All'incapacità di recuperare funzione del Parlamento ha fatto seguito una divaricazione drammatica tra governi ed amministrazioni locali. Come due mondi scissi, mentre il primo ha perso forza, l'altro ne ha guadagnata, anche prima della riforma del titolo V della Costituzione. A partire dall'Italia di comuni, dove non mancano esempi di innovazione e di buon governo che però, fuori da un quadro politico nazionale, appaiono esemplari eccezioni anziché "sistema". Oggi il ruolo, le competenze, e il futuro dei livelli amministrativi più vicini ai cittadini è messo in discussione da una paventata riforma delle autonomie locali, portata avanti a colpi di slogan dal Governo e dal Ministro Brunetta. Vogliamo contrastare questa impostazione verticistica: una simile riforma, per molti versi necessaria non può prescindere dal confronto diretto con chi vive quotidianamente questa dimensione. Vogliamo offrire il nostro contributo ad una discussione ampia che miri a ridurre gli sprechi e rendere più efficiente la macchina amministrativa senza snaturare il complesso equilibrio democratico che viene oggi garantito dall’universo delle istituzioni locali. Un esercito di ragazze e ragazzi si confrontano quotidianamente con le problematiche che affliggono la propria comunità mettendo a disposizione del paese intelligenze, esperienze e sensibilità diverse. Noi crediamo che il rinnovamento generazionale abbia senso solo se diventa strumento per una nuova generazione di rinnovare la politica e le politiche. La nostra presenza rappresenta un esempio concreto, quotidiano, di questa filosofia lontana dalla retorica giovanilista e pienamente immersa nelle complesse dinamiche in atto nel nostro Paese. Secondo: le grandi sfide -Non possiamo rimanere indifferenti a quanto avviene oggi nel resto del mondo. La sfida ecologica, intesa come riforma del nostro modello di sviluppo, investe paesi diversi e raccoglie consensi trasversali. Da Obama a Zapatero, da Brown alla Merkel ovunque si stanno sperimentando nuove forme di approvvigionamento e distribuzione energetica, politiche a lungo termine per la riduzione delle emissioni, forme di sviluppo locale sostenibile, ricerca scientifica ed innovazione tecnologica applicata all’ambiente. La questione ambientale riveste invece oggi in Italia un ruolo residuale, stritolata da opposte ideologie, che ne limitano fortemente dimensione e potenzialità. Pertanto crediamo che sia nostro dovere richiamare la politica alle proprie responsabilità e garantire un respiro più ampio al nostro dibattito interno. Per noi futuro e presente non sono universi paralleli ma la comune dimensione del nostro agire politico del nostro orizzonte di vita e di impegno. Pertanto esigiamo un riprogrammazione sostenibile, ecologicamente ed economicamente, del sistema Italia. Grazie ai green Jobs investire sulle energie rinnovabili significa al tempo stesso ridurre le emissioni inquinanti e creare oggi nuova buona occupazione. Grazie all’interesse del mercato internazionale creare centri di ricerca applicata all’ambiente significa rafforzare la posizione internazionale del nostro paese e allo stesso momento offrire in Italia una prospettiva ai nostri migliori cervelli. Grazie alla crescente attenzione dei consumatori favorire le coltivazioni e produzioni biologiche significa puntare sulla qualità e sulla salute e contemporaneamente favorire una ricreata fiducia fra produttori e consumatori capace di stimolare i consumi. Grazie alla bioedilizia costruire case ecologiche, con impianti di microproduzione energetica, limitata dispersione di calore con materiali a basso impatto, significa difendere l’ambiente e garantire oggi bollette meno pesanti ai cittadini e nuovi investimenti per l’edilizia. Grazie agli impegni assunti dall’Italia in sede europea ed internazionale per il contrasto dei cambiamenti economici, che stabiliscono costi economici per la mancata riduzione delle emissioni, la programmazione a lungo termine di incentivi, costi e principi di fiscalità ambientali è l’unica strada percorribile per offrire agli investitori stranieri un orizzonte a lungo termine che non possa riservare sorprese ad ogni legislatura e quindi incentivi il trasferimento in Italia di capitali e strutture. Grazie alla disponibilità di tanti nostri concittadini promuovere una normativa che consenta di creare campi solari condivisi e strutturare reti adeguate a sfruttare questa opportunità significa coinvolgere su larga scala la cittadinanza nel conseguimento delle strategie europee ed internazionali e rendere subito la nostra politica più libera e forte, affrancandoci dalla dipendenza energetica che condiziona inevitabilmente le nostre scelte. Il nostro obiettivo è riuscire a spiegare il senso di questa doppia sfida agli italiani e dimostrare ai nostri coetanei che il Partito Democratico può rappresentare la prospettiva per una rivoluzione senz’armi che possa cambiare la nostra economia, rafforzandola, e determinare il nostro futuro, garantendolo. -Siamo a venti anni dalla caduta del muro di Berlino e l’Europa e il mondo hanno vissuto profondi cambiamenti. Innanzi alla crescente insicurezza l’Unione Europea rappresenta per noi la grande sfida, l’attore principale di un nuovo ordine mondiale. Il rafforzamento della Strategia di Lisbona, il consolidamento della funzione politica dell’Ue possono prospettare un nuovo sviluppo per gli stati europei e il resto del mondo. Assistiamo ad una grande rivoluzione democratica mondiale: dall’India di Sonia Gandhi agli Usa di Obama, dal Brasile di Lula al Sud Africa di Zuma al Giappone di Hatoyama. Nel contempo registriamo un crollo della sinistra europea e dei grandi partiti socialdemocratici tradizionali. La paura in Europa, la speranza nel resto del mondo. Fenomeni come la crisi economica e l’immigrazione trovano maggiore risposte e consenso nei partiti conservatori. Abbiamo bisogno, quindi di riscrivere un profilo e risposte nuove, dobbiamo sostanzialmente riformare le forze progressiste europee e in questo il Partito democratico può raffigurare un modello. In questi anni il terrorismo internazionale ha reso più insicuro ogni angolo del mondo. L’intervento unilaterale angloamericano in Iraq ha contribuito ad alimentare il terrorismo di matrice islamica anche dove non era tradizionalmente radicato. La politica del soft power della nuova amministrazione americana può radicalmente mutare il contesto internazionale e i rapporti con le aree più critiche. Siamo consapevoli dell’importanza strategica della questione israelo-palestinese per l’equlibrio e la stabilità in Medio Oriente. Siamo sempre convinti di essere difronte a due grandi ragioni: la sicurezza e il diritto al pieno riconoscimento dello Stato ebraico d’Israele e la creazione dello Stato palestinese con pieni diritti e sovranità. Per rilanciare il negoziato si deve ripartire dall’immediato stop agli insediamenti israeliani in Cis-Giordania e al contestuale riconoscimento da parte palestinese di Israele. Crediamo utile rafforzare e investire sul significativo rinnovamento che viene dall’ultimo e importante congresso di Al Fatah, unica forza politica capace di rilanciare la pace e ad arginare il fondamentalismo di Hamas. L'Italia è un grande paese ma oggi sembra aver perso il suo prestigio e la sua funzione guida in Europa e nel mondo. Il governo della destra fra scandali etici e una scarsa azione politica nei processi internazionali in questi mesi ha screditato l'Italia. Abbiamo bisogno di una svolta immediata oppure saremmo condannati a svolgere un ruolo marginale e a non esprimere le nostre grandi potenzialità. Nelle recenti crisi internazionali come nella guerra a Gaza, l’Italia è stata incapace di essere protagonista come tradizionalmente era sempre stata. In Europa appaiamo sempre ai margini dei processi decisionali importanti. Crediamo siamo giusto consolidare l’impegno del nostro paese nelle missioni internazionali di pace. Allo stesso tempo va approfondita una riflessione sul nostro impegno in Afghanistan partendo dal mantenimento dei nostri militari, rafforzando loro i mezzi ma aprendo nel contempo una nuova fase con i nostri partner per stabilire una nuova strategia politica che includa in tempi brevi la convocazione di una conferenza di pace coinvolgendo i paesi vicini, e una più stretta relazione con la popolazione afgana. Siamo la generazione che è scesa in piazza di fronte alle guerra, alle ingiustizie nel mondo e ci sentiamo allo stesso tempo il carico della responsabilità di contribuire a scrivere una nuova pagina di pace, diritti, e giustizia in tutto il pianeta. -Ripensare l'Italia per noi significa anche ripensare i nostri assetti sociali. Ingiusti, oltreché antieconomici. La qualità del nostro modello di sviluppa deriva fondamentalmente da quanto il nostro sistema produttivo è in grado di competere con i grandi protagonisti globali. Oggi siamo periferia del mondo e nessuna filippica sul made in Italy ci convincerà del contrario. Si è abbassato il costo del lavoro e con esso la sua qualità, il tessuto di piccole e medie imprese si trova solo davanti ala crisi ed alla stretta creditizia delle banche, la ricerca e la tecnologia sono all'estero, non qui. Crediamo che vada messa al centro la nostra più grande qualità: il capitale umano. Investendo sull'elevamento dei livelli di base di istruzione, sull'autonomia delle scuole e delle università, sul diritto al sapere. Siamo convinti che non sia pensabile, se non in questi termini, una politica di trasformazione del Paese. Il compito di chi governa è, oggi più che mai, non quello di decidere i piani di studio, ma quello di creare quadri di opportunità nei quali scuole e università dell'autonomia possano muoversi ed organizzare la propria offerta didattica adattandole ai territori ed ai contesti sociali ed economici in cui i soggetti si muovono. Non c'è cosa più ingiusta che trattare in maniera eguale soggetti diversi: questo vale anche per il campo del sapere. Mai come oggi, di fronte ai grandi problemi di integrazione sociale ed economica, infine democratica, il grado di diffusione dei saperi è la marcia in più di un paese moderno. Il nostro mercato del lavoro oggi lo ha rimosso dalla propria logica e sta qui parte dei fallimenti delle politiche di centrosinistra: non basterà decidere di aumentare la tassazione del lavoro precario, non basterà irrigidire le norme sulle assunzioni, non basteranno i contratti unici. Il problema per noi sta a monte: nel come il lavoro è organizzato e in quale politica industriale fa un paese. Se incentiva la qualità della produzione, se si relaziona col mondo della ricerca, se è fonte di realizzazione umana o no. Le forze sociali nel passato hanno più volte provato a fare passi in avanti, dal Patto di Natale fino al pacchetto welfare del Governo Prodi. Non ci sono mai riuscite perché non hanno mai chiarito chi ne dovesse pagare i costi. Alla fine è stata la nostra generazione. Per questo crediamo che un sistema moderno di ammortizzatori sociali, a partire dal reddito minimo, sia oggi indispensabile. -le giovani generazioni meridionali sono protagoniste di un fenomeno migratorio socialmente trasversale dalle dimensioni ciclopiche, e caratterizzato non più soltanto dalla necessità di un lavoro, ma altresì dalla speranza di una vita europea, dall’idea che soltanto lontano dal meridione d'Italia è possibile vivere la modernità e costruirsi un futuro migliore. Un forte sentimento antimeridionale, caratterizzato dalla convinzione della impossibilità di soluzioni ai problemi meridionali come dato storico, ha invaso la società italiana, la pubblicistica, il cinema, la televisione, in poche parole lo spirito pubblico del Paese. Occorre un bilancio sul modello di governo messo in campo dalle Regioni meridionali, ed in assenza di politiche nazionali di coordinamento ed indirizzo, sarebbe utile aprire una riflessione sulla qualità della spesa pubblica locale e sull'utilizzo dei finanziamenti europei che, se in alcuni casi sono stati ben spesi, in altri avrebbero meritato una migliore pianificazione. Proprio la vicenda dei fondi europei ha messo in evidenza in modo nitido come il problema nodale del meridione non sia la quantità delle risorse finanziarie, ma la qualità delle classi dirigenti. Chiediamo di legare la spesa pubblica degli enti locali al gettito erariale del territorio cui si riferiscono, creando un meccanismo di responsabilizzazione della classe dirigente per cui, al contrario del presente, meglio si spende e maggiori sono le risorse. -l'Italia del futuro parla diverse lingue, ha molte religioni, ha culture differenti. L'Italia del futuro sarà anche il futuro di Samir, Paula, Idra, Pietru e di tanti altri ragazzi nati in italia da genitori stranieri. L’immigrazione è un fenomeno che appartiene alla storia dell’umanità ed è parte integrante della storia del nostro Paese. Appartiene all'umanità perchè l'uomo è nato in cammino. Appartiene alla storia delle religioni e delle chiese, fondate spesso da uomini in fuga ed in in cerca di un rifugio. Appartiene alla storia d'Italia che ha visto sin dalle sue origini l'arrivo di popoli, lingue e culture differenti che mescolandosi hanno costruito la nostra società. Culture testimoniate anche dalla presenza sparsa nella penisola di minoranze linguistiche storiche tutelate dalla Costituzione. Appartiene alle storia delle donne e degli uomini di questo paese, che sono emigrati sia dal nord che dal sud, alla ricerca di maggiore benessere in tutti gli angoli del pianeta. Appartiene alla storia recente dell'Italia che sta vedendo da almeno vent’anni la presenza stabile di cittadini di origine straniera, molti dei quali sono divenuti nuovi cittadini italiani. Non è più questione di se. Se accogliere o meno queste persone, se contaminarci o meno con altre culture, se cambiare o meno le nostre abitudini. E' ormai questione di quando. Di quando ci accorgeremo che quasi tre milioni di persone residenti nel nostro paese non hanno accesso alla cittadinanza, di quando capiremo che insieme ai nostri bambini a scuola sono presenti centinaia di migliaia di bambini di origine straniera, di quando avremo consapevolezza che la nostra ricchezza e soprattutto le nostre pensioni sono ormai frutto del lavoro di individui che provengono dai più svariati angoli del mondo. Chi parla di riserve, di muri o di confini da fortificare non fa i conti con la realtà. Una società multiculturale non è frutto del progetto di un'organizzazione politica ma è prodotto ineludibile della storia. La storia di oggi ci dice che le società contemporanee maggiormente destinate al successo sono proprio quelle in grado di cogliere le opportunità che nascono dalle migrazioni. A rendere necessario un cambiamento di prospettiva nei confronti del fenomeno migratorio sono le ragioni ineludibili della globalizzazione e della demografia, prima ancora dei posizionamenti politici. Secondo l’ISTAT, da oggi al 2050, la popolazione di cittadinanza italiana diminuirà del 10%. Ancora più forte sarà il calo nelle classi di età più giovane: da 0 a 25 anni sarà del 18%. Al contrario la popolazione di origine straniera aumenterà continuamente fino ad arrivare al 17% nel 2050. In alcune aree del paese il cambiamento sarà ancora più pronunciato: tra 40 anni, nelle regioni settentrionali 1 cittadino su 4 sarà di origine staniera. In questa area del paese l’incremento della componente giovanile sarà ancora più forte: già tra 20 anni 1 giovane su 4 sarà di origine straniera e in alcune aree locali 1 su 2. Oggi in alcune regioni del Nord un neonato su 4 ha una madre straniera. Le ragioni di un cambiamento demografico di così grande portata hanno le radici nel presente ma sono protese verso il futuro. Il cambiamento demografico in atto non è un possibilità. E' realtà. Ci sarà un ricambio significativo di popolazione e saremo tutti diversi, tutti “nuovi italiani”, noi e gli stranieri. Una presenza plurale di persone provenienti da tutto il mondo che rappresenta un elemento di novità e un’opportunità per il futuro della nostra società, in particolare per le giovani generazioni. Questa è la realtà dei fatti, questa è l'Italia del presente, questa sarà l'Italia del futuro. Cambiare la prospettiva vuol dire creare le basi affinché anche nella società, la portata di queste sfide venga capita ed accolta. Ma cambiare la prospettiva vuol dire prima di tutto mettere in atto azioni ed iniziative concrete, delle vere e proprie priorità strategiche. Per questo proponiamo: Una riforma del diritto di cittadinanza, che renda possibile a tutti coloro che nascono o che crescono nel nostro paese di ottenere il passaporto italiano. Questo non assicura automaticamente la piena inclusione, come è possibile vedere anche in altri contesti geografici, ma fissa le condizioni per le quali italiani ed immigrati possano sfuggire meno facilmente alle proprie responsabilità; La cancellazione del reato di clandestinità, perché è impossibile essere accusati per ciò che si è piuttosto che per ciò che si fa; Una legge quadro sul diritto d'asilo che da troppo tempo è assente in Italia, una mancanza colpevolmente usata come alibi; Il diritto di voto per gli immigrati per le elezioni amministrative, come strumento forte di integrazione degli immigrati all'interno dei contesti locali; La creazione di un fondo speciale per le scuole elementari ad alto tasso di presenza di bambini di origine straniera, da finanziare con le entrate della sanatoria corrente, perché è dalla scuola che inizia l'integrazione degli immigrati; Una nuova legge sulla libertà religiosa, perché la presenza di culti e tradizioni differenti rende necessaria una riflessione nuova sul rapporto tra società e sensibilità religiose, che diventano sempre più presenza pubblica nel nostro paese. L'Italia del futuro sarà tale se riusciremo a riconoscere e interpretare il futuro dell'Italia che già abita nel nostro paese. Ma non sono solo le ragioni della storia a chiederci questo. La presenza di milioni di nuovi cittadini italiani non è solo una necessità. E' speranza di riprendere il filo del senso di una comunità in cui tutti siano cittadini. E' anche speranza di cambiamento e novità. E' anche capacità di leggere i fatti del nostro tempo per vivere con fiducia il futuro. Per costruire un paese in cui non lasciamo morire in mezzo al mare chi parte in cerca di una possibilità e in cui la paura non renda prigioniero il nostro futuro. -La stessa incomprensibile paura che è passata sotto la pelle del nostro paese sta portando, oggi, a fenomeni di violenza omofobica che segnano la fine triste si quella stagione dei diritti intravista, anche solo brevemente, nel corso della breve esperienza del Governo Prodi. Abbiamo deciso, per questa ragione, di schierarci a sostegno della proposta di legge del Partito democratico contro l'omofobia. Tale legge consentirebbe di individuare una forma precisa di violenza, verbale o fisica, con alle spalle una motivazione altrettanto leggibile: quella della paura del diverso, quando non del disprezzo e dell'odio. Riportare nelle scuole l'educazione al rispetto degli orientamenti sessuali e punire che di questo rispetto è privo è una delle strade da percorrere per vivere in un'Italia più civile. Terzo: noi oggi Ad un anno dalla nostra nascita è arrivato il momento di definire quale sia il nostro rapporto con il Partito democratico, non semplicemente in termini burocratici. Stiamo aspettando ancora che il Patito democratico approvi la carta di cittadinanza che norma la relazione tra noi ed il Pd, anche perché questo atteggiamento non è coerente con quanto il Pd prevede nel proprio statuto. Pensiamo che il nostro compito sia quello di attrezzare una generazione ad affrontare il proprio presente guardando ad un futuro migliore per il nostro Paese. Abbiamo assistito più volte allo svuotamento di significato di qualsiasi ipotesi di rinnovamento. Ciò avviene quasi inevitabilmente quando ai normali processi di rinnovamento di un partito si sostituisce la mistica dei rinnovatori. Sempre cooptati essi sono la negazione del senso profondo di ogni processo di evoluzione della politica di un partito. Il fatto stesso di essere prescelti da chi sta in alto, in ossequio ad una non meglio definita logica di merito, priva questi processi di qualsivoglia significato, trasformando speranze a ambizioni in simboli vuoti. Abbiamo scelto, chiunque la interpreti, di contestare in radice questa logica. Per questa ragione crediamo che il nostro compito sia quello di rappresentare uno spazio di iniziativa politica autonomo ed aperto, capace di fare opinione e consenso, a disposizione di una generazione che vuole crescere. Ci battiamo perchè il nostro partito metta a disposizione gli strumenti perché ciò sia possibile fuori da logiche di quota, in un rapporto di collaborazione con i Giovani democratici, senza prendere esclusività ma imponendo rispetto per la passione e le energie che ciascuno di noi mette a servizio del Partito democratico.

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