La tragedia di Fukushima ha forzatamente riportato il Mondo nel dibattito sull’atomo. Un dibattito tortuoso e difficile da affrontare se si escludono i SI e i No dettati dall’ideologia o dalla paura della catastrofe.
La tecnologia nucleare ha fatto passi da gigante soprattutto in termini di sicurezza ma non ha ancora trovato una vera risposta allo smaltimento delle scorie nucleari, come ha affermato lo stesso premio Nobel Rubbia “le nascondiamo pensando che non ci saremo per risponderne personalmente, ci si libera di un problema passandolo in eredità al futuro”.
Ebbene immaginare adesso, per l’Italia, un piano di rientro nel nucleare appare davvero una scelta poco strategica fuori dal perimetro ideale dello sviluppo sostenibile, uno sviluppo capace di soddisfare i bisogni del presente senza però compromettere le possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri. Una scelta imposta a livello centrale senza un minimo di concertazione con gli enti locali, Regioni e Comuni, e con le comunità che dovrebbero poi ospitare i giganti dell’energia, trascurando inoltre, la volontà dei cittadini italiani espressa nel 1987, anche allora tramite referendum, e dimenticando la grande battaglia condotta nel Metapontino, nel 2003, per evitare che Scanzano Jonico si trasformasse nel cimitero unico di scorie radioattive.
Per di più canalizzare una quantità enorme di risorse economiche ed umane su un attività di questo tipo significherebbe sostanzialmente ignorare le altri fonti energetiche alternative, ovverosia il mercato delle rinnovabili che ormai conta migliaia di addetti in Italia, principalmente giovani, e che ha ottimi margini di crescita soprattutto nel Mezzogiorno.
È per questa ragione che le forze di opposizione democratica, hanno ostacolato con durezza il Decreto Legislativo n. 28 del 3 marzo 2011, un decreto che frena bruscamente lo sviluppo delle rinnovabili, in particolare il fotovoltaico, introducendo restrizioni alle installazioni e soprattutto rimandando a una nuova tariffazione degli incentivi che dovrebbe essere poi regolata nell’ipotetico quarto Conto Energia.
Il decreto di fatto ha introdotto nel mercato una buona dose di incertezza ottenendo come risultato la paralisi di molte attività imprenditoriali e soprattutto una riduzione della disponibilità delle banche a finanziare i soggetti produttori.
Il dietro front sulle rinnovabili e il ritorno all’atomo sono i più gravi errori che il nostro Paese possa fare in materia energetica, ci auguriamo che non venga percorsa tale strada e che la moratoria di un anno sul nucleare non sia l’ennesimo trucco del Governo Berlusconi per evitare la fragorosa bocciatura della scelta con il referendum.
Ciò che sarebbe davvero opportuno e responsabile non può prescindere dalla definizione di una strategia nazionale di lungo periodo nel settore energetico orientata ovviamente alla sostenibilità del sistema economico-produttivo e che abbia come fine il raggiungimento dell’obiettivo comunitario assegnato all’Italia per il 2020 che prevede una copertura del 17% di consumi finali con energia da fonte rinnovabile.
Per tali ragioni, i Giovani Democratici di Basilicata, promuoveranno nei prossimi giorni una seria di attività informative, organizzeranno dibattiti e confronti sul tema energetico e si impegneranno per contrastare il tentativo di indebolire il referendum che si svolgerà il 12 giugno.
Inviteremo le nostre comunità ad esprimere una scelta decisa, a dire un nuovo SI per fermare il nucleare.”
La tecnologia nucleare ha fatto passi da gigante soprattutto in termini di sicurezza ma non ha ancora trovato una vera risposta allo smaltimento delle scorie nucleari, come ha affermato lo stesso premio Nobel Rubbia “le nascondiamo pensando che non ci saremo per risponderne personalmente, ci si libera di un problema passandolo in eredità al futuro”.
Ebbene immaginare adesso, per l’Italia, un piano di rientro nel nucleare appare davvero una scelta poco strategica fuori dal perimetro ideale dello sviluppo sostenibile, uno sviluppo capace di soddisfare i bisogni del presente senza però compromettere le possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri. Una scelta imposta a livello centrale senza un minimo di concertazione con gli enti locali, Regioni e Comuni, e con le comunità che dovrebbero poi ospitare i giganti dell’energia, trascurando inoltre, la volontà dei cittadini italiani espressa nel 1987, anche allora tramite referendum, e dimenticando la grande battaglia condotta nel Metapontino, nel 2003, per evitare che Scanzano Jonico si trasformasse nel cimitero unico di scorie radioattive.
Per di più canalizzare una quantità enorme di risorse economiche ed umane su un attività di questo tipo significherebbe sostanzialmente ignorare le altri fonti energetiche alternative, ovverosia il mercato delle rinnovabili che ormai conta migliaia di addetti in Italia, principalmente giovani, e che ha ottimi margini di crescita soprattutto nel Mezzogiorno.
È per questa ragione che le forze di opposizione democratica, hanno ostacolato con durezza il Decreto Legislativo n. 28 del 3 marzo 2011, un decreto che frena bruscamente lo sviluppo delle rinnovabili, in particolare il fotovoltaico, introducendo restrizioni alle installazioni e soprattutto rimandando a una nuova tariffazione degli incentivi che dovrebbe essere poi regolata nell’ipotetico quarto Conto Energia.
Il decreto di fatto ha introdotto nel mercato una buona dose di incertezza ottenendo come risultato la paralisi di molte attività imprenditoriali e soprattutto una riduzione della disponibilità delle banche a finanziare i soggetti produttori.
Il dietro front sulle rinnovabili e il ritorno all’atomo sono i più gravi errori che il nostro Paese possa fare in materia energetica, ci auguriamo che non venga percorsa tale strada e che la moratoria di un anno sul nucleare non sia l’ennesimo trucco del Governo Berlusconi per evitare la fragorosa bocciatura della scelta con il referendum.
Ciò che sarebbe davvero opportuno e responsabile non può prescindere dalla definizione di una strategia nazionale di lungo periodo nel settore energetico orientata ovviamente alla sostenibilità del sistema economico-produttivo e che abbia come fine il raggiungimento dell’obiettivo comunitario assegnato all’Italia per il 2020 che prevede una copertura del 17% di consumi finali con energia da fonte rinnovabile.
Per tali ragioni, i Giovani Democratici di Basilicata, promuoveranno nei prossimi giorni una seria di attività informative, organizzeranno dibattiti e confronti sul tema energetico e si impegneranno per contrastare il tentativo di indebolire il referendum che si svolgerà il 12 giugno.
Inviteremo le nostre comunità ad esprimere una scelta decisa, a dire un nuovo SI per fermare il nucleare.”
Giovani Democratici Provincia di Matera
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