Walter Veltroni
L'Aula di Montecitorio voterà il lodo Alfano giovedì, prima del decreto sicurezza. Ed è molto probabile che la norma 'blocca-processi' contenuta nel decreto venga modificata profondamente se non addirittura ritirata. Sul fronte della giustizia è comunque sempre alta la tensione tra maggioranza e opposizione. PD e Idv sono fermi nel chiedere l’immediato ritiro della norma così detta salva-premier (o blocca-processi, appunto), come pre-condizione per esaminare nel dettaglio il lodo Alfano. Le mosse della maggioranza vanno in tutt'altra direzione. La norma non è stata ritirata dal decreto sicurezza e quanto al lodo Alfano stiamo assistendo ad una inaccettabile accelerazione. In segno di protesta per il mancato ritiro della norma, i parlamentari del PD hanno abbandonato due volte nel giro di 24 ore i lavori delle commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia. "Abbiamo evitato di partecipare alla discussione generale - spiega il capogruppo alla Camera Anotnello Soro - all'interno di un'agenda dei lavori impossibile, perché sarebbe la ratifica di una forma di dibattito che di fatto è impedito. Non partecipiamo alla discussione - aggiunge - perché speriamo che il presidente della Camera voglia ripensarci e trovare forme per correggere una direzione grave".Il governo, sostenuto dalla maggioranza dei gruppi parlamentari e con l'avallo del presidente di Montecitorio Gianfranco Fini, ha deciso infatti di andare avanti sul lodo Alfano: la norma che punta a sospendere i procedimenti giudiziari per le quattro più alte cariche dello Stato fino alla fine del loro mandato. Contro la decisione di Fini si è schierato il segretario del PD Walter Veltroni. "Con la decisione adottata dalla conferenza dei capigruppo, priva di qualsiasi precedente nella storia repubblicana, il presidente Fini ha imposto di far esaminare il lodo Alfano dal Parlamento con tempi assolutamente ristretti. In sole 24 ore si vuole presentare, discutere e approvare, in commissione e in aula, una normativa che incide su diversi principi costituzionali. Ciò è inaccettabile e incomprensibile alla luce di un corretto svolgimento delle funzioni di garanzia proprie del presidente della Camera. Il presidente Fini ha smarrito questa funzione per inseguire l’emergenza costituita dalle esigenze temporali del processo al premier".La posizione del PD è chiara: se il ritiro della blocca-processi avviene solo in cambio dell’accelerazione sul lodo Alfano, noi non ci stiamo. A spiegare la posizione del partito su questo delicato tema è la vicecapogruppo alla Camera Marina Sereni, che in un’intervista rilasciata al quotidiano “L’Unità” mette in chiaro che la priorità per il PD è “l’eliminazione immediata della norma blocca-processi, che è devastante e per bloccare un processo a carico del premier bloccherebbe decine di processi per reati gravi come stupri e furti”.Detto questo, non esiste alcun collegamento con il lodo Alfano. E la richiesta di scambio fatta dalla destra è da considerarsi “immorale”. Quella della maggioranza, infatti, “è una forzatura inaccettabile, dato che sul Lodo non c’è nessuna urgenza e sicuramente non è una priorità per il Paese. Il lodo potrebbe essere oggetto di discussione, ma non in un clima di urgenza”. Inoltre, sostiene Sereni, “sarebbe opportuno affrontare questo tema con un disegno di legge costituzionale”. Insomma, per il PD, non ha alcun senso stravolgere il calendario parlamentare per le esigenze personali del premier. “Sarebbe opportuno – conclude la deputata del PD – mantenere il calendario attuale, e cioè affrontare il decreto sicurezza, depurato della norma “blocca-processi”, e la manovra economica. Il lodo Alfano è una falsa emergenza”. Anche il vicecapogruppo dei senatori democratici Luigi Zanda si schiera nettamente contro le scelte che la destra sta mettendo in campo in questi giorni per velocizzare l’approvazione del lodo Alfano. “Il PD – dice – si riserva ogni azione possibile per esprimere il più assoluto dissenso su una così rapida calendarizzazione” dopo l'annuncio dell'arrivo a Palazzo Madama del lodo Alfano. "Il dissenso- spiega – nasce da una sostanziale differenza di valutazione politica verso un provvedimento inaccettabile nei contenuti e nella forma", dice Zanda, il quale spiega che per quanto concerne la forma il provvedimento che riguarda l'immunità delle alte cariche dello stato necessita di un percorso costituzionale. Sotto il profilo della sostanza Zanda ricorda che “in nessuna democrazia parlamentare europea esiste l'immunità per il capo del governo. A tutto questo si aggiunge una considerazione politica: la delicatezza di intervenire con l'immunità a favore di un leader politico che si trova ora alle prese con vicende giudiziarie”.
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